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Soggetto e sceneggiatura: NINO BIZZARRI, ANDREA FERRERI, LUCIO GAUDINO – Con: MAURICE GARRELL (Alberto Fabris), MARGHERITA BUY (Lea), KATIA RUPE’ (cantante), LUIGI MEZZANOTTE (ospite dell’hotel) – Direttore della fotografia: FRANCO LECCA – Suono: CARLO BERTOCCHI – Montaggio: ALBERTO BONOTTI – Musica originale: LUIGI CINQUE – Scenografia: MASSIMO COREVI – Costumi: SIMONETTA LEONCINI – Trucco: SILVANA PETRI – Aiuto regista: FIORELLA MARIANI – Foto di scena: CLAUDIO CORRIVETTI – Ufficio stampa: MIMMO MORABITO – Pellicola: FUJI Film 35 mm. – Durata: 95’ – Colore: TELECOLOR S.p.A. ROMA – Montaggio e sincronizzazione: STUDIO 1 ROMA – Prduzione: EMILIO BOLLES per BOA CINEMATOGRAFICA – Anno: 1985

 

Sinossi

 

Un grande albergo di una mite città di villeggiatura, elegante e appartato.

Fabris vi trascorre tutti gli anni a settembre un periodo di vacanza. In quell’albergo anni addietro egli aveva incontrato Isabelle, divenuta sua moglie. E anche dopo la sua precoce scomparsa, Fabris non aveva mai cessato di tornare. Col passare del tempo quella vacanza quieta, segreta e solitaria è diventata il suo rifugio. Ma questa volta non sarà come le altre. Un presagio già lo sfiora in treno nel corso del viaggio di andata. Poco dopo in albergo giunge una donna. Ha nome Lea. Senza accorgersene essa diventa il centro dell’attenzione dell’uomo. Perché proprio lei? Invece di tentare di avvicinarla Fabris dà inizio ad una specie di gioco. Comincia a scrivere delle lettere che fa avere alla donna senza farsi riconoscere. Sono lettere senza firma e senza busta che discretamente, a distanza, la corteggiano. Per farle giungere a destinazione egli ricorre ogni volta ad uno stratagemma diverso, attento a non farsi scoprire. Il clima discreto e le dimensioni dell’albergo favoriscono quello strano gioco. Lea è dapprima sorpresa dalle parole di quelle lettere. Poi pian piano ne è toccata, turbata. Essa intuisce che il suo corteggiatore misterioso è li, vicino, uno tra i tanti ospiti dell’albergo, ma come riconoscerlo?…

A big, elegant and out of the way hotel of a holiday resort. Every year, in September, Fabris spend there a holiday’s period. Some years ago, in that hotel he had met Isabelle, who became his wife, and even after her untimely death, Fabris continued to come back in that place. As time passed that quiet, secret and solitary holiday has turned to be his refuge. But this time will not be like other times. A presentiment is already crossing his mind during his outward voyage by train. Shortly after a woman reaches the hotel. Her name is Lea. The woman doesn’t realize that she has attracted the man’s attention. Why exactly her? Instead of trying to address him to her Fabris begins to play a sort of game. Without making himself known he begins to write some letters and he sends them to the woman. These letters are not signed and not put into envelope and writing them the man discretely court the woman. When he sends these letters he has recourse each time to a different stratagem, making sure to make not him known.. That strange game is favoured by the discreet atmosphere and by the dimension of the hotel. At first Lea is surprised by the words of those letters. Then little by little she is troubled, she is moved. She perceives that her mysterious admirer is near there, he is one of the numerous guests of the hotel, but how does she manage to recognize him?

Un hôtel grand, elégant et discret d’une douce ville de vacances. Chaque année en septembre, Fabris vient y passer un période de vacances. Dans cet hôtel, il y a quelques années il avait rencontré Isabelle et il lui avait fait la cour. Isabelle était devenue sa femme et après sa mort prématurée aussi, Fabris n’avait jamais cesse de revenir. Après quelques temps cette vacance tranquille, secrète et solitaire est devenue son abri. Mais cette fois ne sera pas comme les autres. En voyage, dans le train il a déjà un pressentiment. Peu après une femme arrive a l’hôtel. Elle s’appelle Lea. Sans s’en rendre compte, elle attire l’attention de l’homme. Mais pourquoi elle? Au lieu de chercher à l’approcher Fabris imagine une espèce de jeu. Sans se faire reconnaître il commence a écrire des lettres et il les envoie à la femme. Ce sont des lettres sans signature et sans enveloppe, Fabris lui fait discrètement la cour. Il fait attention à ne dévoiler pas son jeu et il recourt chaque fois à un différent strategème, favorisé par le milieu discret et par les dimensions de l’hôtel.D’abord, en lisant ces lettres, Lea est surprise. Ensuite, peu à peu elle est troublée, touchée. Elle a l’intuition que son mystérieux admirateur est là, il est tout près, il est parmi les nombreux hôtes de l’hôtel. Mai comment est-ce quelle peut faire pour le reconnaître?…

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Nota sugli attori.

Maurice Garrel è attore francese. Nell’annuario italiano degli attori c’è una sua foto veritiera.

Quando ci siamo incontrati a Parigi, all’hotel Voltaire, Maurice è arrivato in moto, era in gennaio. Nel corso del pomeriggio ci capitò di parlare della guerra passata, di sigarette francesi, della sua carriera in teatro e di un film di Satyajit Ray,”La sala della musica” che entrambi avevamo visto da poco. Parlammo della scena di inizio di quel film. In quella scena un uomo è seduto sulla terrazza della sua grande casa di campagna, da solo, all’imbrunire, fumando a tratti il suo hookan. C’è silenzio attorno. L’uomo seduto compie gesti minimi, calmi, che suggeriscono un’idea di distacco. Ma un distacco per così dire musicale, scandito da un “tempo” solenne, che notiamo appena. Il bel viso dell’uomo, dolente e pacificato, rivela un’apprensione, forse un’attesa, una nostalgia quieta d’amore. Come dire che tutto il senso e il tono del film sono dati all’inizio, da quella sola inquadratura, breve e senza sotterfugi. Si rimane incantanti di fronte ad una tale prodigiosa esattezza ottenuta con così pochi mezzi. E’ sempre così: il senso di un viaggio racchiuso in due monosillabi, un’arcata massiccia sorretta da poche esili colonnine: nulla risveglia più bruscamente la nostra meraviglia quanto vedere ottenuto con forze esigue quello che sembra richiedere grandi forze. Se quel viso d’uomo seduto ci seduce e ci si imprime così bene nella memoria è perché non fa nulla di apparente per farsi ricordare. Nessuna ricerca d’affetto, nessuna volontà di colpire. Nell’arte suprema dell’attore la sorpresa sa cedere subito all’emozione.

Nei mesi successivi il lavoro di composizione del personaggio interpretato da Garrel ne LA SECONDA NOTTE è stato un lavoro svolto per lettera. Ha scelto lui stesso i costumi, salvo un cappello di paglia che gli ho chiesto di non indossare. Durante le riprese difficilmente sono stati girati più di due ciak per ogni scena.

Margherita Buy abita a Roma. L’ho vista una sera all’Accademia d’arte drammatica dove gli allievi-attori davano un saggio. Recitava in un ruolo graziosamente nominato “la delirante”. Il ruolo ricoperto di quella occasione non aveva nulla in comune con quello che la nostra sceneggiatura le offriva, ma quando il giorno dopo lei è venuta in ufficio di produzione è stato evidente l’inutilità di fare provini. Fantasia sul tema della Bella Addormentata, il personaggio di Lea era il meno descritto nella sceneggiatura. Prestandole un viso pudico e tenero, e quel suo corpo febbrile, percorso da una specie di asprezza vegetale, Margherita lo ha reso concreto.

Il personaggio della Cantante – breve ma tutt’altro che secondario – è interpretato da Katia Rupé, attrice tedesca che lavora tra Monaco e Parigi.

Anche a lei il film deve cose impreviste. A cominciare dalla bella intuizione di fare della Cantante un personaggio frivolo.

La luce e la musica.

Col direttore delle luci si è parlato spesso prima di iniziare a girare, e così è stato col musicista, favoriti dal fatto che la preparazione del film è stata lunga. Quello che si usa chiamare film d’atmosfera è un film dove ci sono più interni che esterni, e la luce è chiamata ad essere direttamente materia espressiva. Qui si trattava di rispettare la convenzione. Il risultato è una resa fotografica senza languori e senza incrinature, le notti sono calme, a gettare ombra sono gli oggetti piuttosto che le persone, i colori prevalenti sono il nero, l’azzurro e l’oro.

 

Notes sur les acteurs

L’annuaire italien des acteurs contient une photo di Maurice Garrell, acteur français, qui lui est fidèle. Lors de notre première rencontre à Paris, à l’hôtel Voltaire, Maurice est arrivé en moto. Au cours de l’après-midi, il nous arriva de parler de la dernière guerre, des cigarettes françaises, de sa carrière au théâtre et d’un film de Satyajit Ray, «Le Salon de Musique», que nous avions tous deux vus récemment. Nous avons parlé de la première scène de ce film. Dans cette scène un homme est assis, seul, sur la ferrasse de sa grande maison de campagne alors que le soir tombe. De temps à autre il fumé son hookan. L’endroit est silencieux, les gestes de l’homme assis sont sobres, calmes, évoquant une idée de détachement. Mais un détachement, pour ainsi dire, musical, solennel, rythmé par un «tempo» si contenu qu’on ne le remarque presque pas. Le beau visage de l’homme, douloureux et apaisé, révèle un appréhension, peut-être une attente, une paisible nostalgie d’amour. Autant dire que tout le sens et le ton du film sont données par le seul pian du début, bref et sans subterfuges. On reste envoûtés devant une précision aussi prodigieuse obtenue avec si peu de moyens. 

Il en est toujours ainsi d’ailleurs: le sens d’un voyage contenu dans deux monosyllabes, l’arche principale massive soutenue par quelques minces colonnes: rien ne suscite aussi brusquement notre émerveillement que de voir obtenu avec des forces si exigus ce qui semble au contraire en demander tant. Si le visage de cet homme assis nous séduit et s’imprime si bien dans notre mémoire c’est parce qu’il ne fait rien d’apparent pour qu’on se souvienne de lui. Dans l’art suprême de l’acteur la surprise sait céder le pas aussitôt à l’émotion.

Dans les mois qui suivirent, le travail de composition du personnage de Garrel dans LA DEUXIEME NUIT a été le fruit d’un échange de lettres.  C’est lui qui a choisi les costumes, sauf un chapeau de paille que je lui ai dit de ne pas porter. Au cours du tournage, il y a eu rarement plus de deux prises pour chaque scène.

Margherita Buy habite à Rome. Je l’ai vue un soir au Conservatoire d’Art Dramatique dans le spectacle de fin d’année. Elle interprétait un rôle gracieusement appelé «la délirante». Le rôle qu’elle jouait à cette occasion n’avait rien de commun avec celui que notre scénario lui offrait, mais quand, le jour suivant, elle vint dans les bureaux de la production, est apparue aussitôt l’inutilité de faire des bouts d’essai.

Fantaisie sur le thème de la Belle au Bois Dormant, le personnage de Lea était le moins décrit dans le scénario. En lui prêtant un visage tendre et pudique et son corpo fébrile parcouru par une sorte d’ âpreté végétale, Margherita l’a rendu concret.

Le personnage de la chanteuse – rôle bref, mais non pas secondaire – est interprétée par Katjia Rupé, comédienne allemande qui travaille entre Munich et Paris. A’ elle aussi, le film doit des choses qui étaient imprévues. A commencer par cette merveilleuse intuition de taire de la Chanteuse un personnage frivole.

La lumière et la musique

Nous avons beaucoup parlé avec le directeur de la photo et avec l’auteur de la musique, favorisées par le fait que la préparation du film a été longue. Ce que l’on a costume d’appeler film d’atmosphère sont les films tournés plus en Intérieures qu’en Extérieures, et où la lumière est appelée à devenir directement matière d’expression. Là il s’agissait de respecter la convention. Le résultat c’est une valeur photographique sans langueurs et sans failles, les nuits sont calmes, les ombres sont plus celles des objets que celles des personnage, les couleurs prédominante sont le noir, le bleu clair et l’or.

 

The actors

Maurice Garrel is a French actor. There is his photography in the Italian  Book of actors. It was January, when we met in Paris at the hotel Voltaire and Maurice arrived driving his motorcycle. During the afternoon we happened to discuss about the past war, about French cigarettes, about his theatrical career and about a film by Satyajit Ray, “The music hall” which we have just seen. We talk about the first scene of that film. In that scene a man is sitting at the balcony of his big country house, he is alone and it’s getting dark, every now and then he is smocking his hookan. That place is silent. The man is sitting there and he makes little and slow gestures which bring to mind a feeling of detachment. A sort of musical detachment stressed by a “tempo”. The beautiful, sorrowful and appeased face of the man shows his anxiety may be a wait of something, a quiet love’s nostalgia. As it were, the whole meaning and tone of this film appears in a flash in the first scene, they are enclosed in that only brief shot full of sincerity. It is an enchantment to see the prodigious truth fullness that is revealed by a simple scene. It is always like that: the meaning of a travel enclosed in two monosyllables, a few and slender columns which carry the weight of a massive arcade: nothing is more amazing than to obtain something difficult with little effort.The face of that sitting man attract us and it is impressed in our memory because apparently he doesn’t expect to be remembered. He doesn’t try to the be surprising or striking. Emotion prevails over surprise: this is part of the great art of the actor. During the following months the character interpreted by Garrel in The second night has been created through some letters that we have written. He has chosen costumes himself, with the exception of a Straw that I asked him not wear.

During the filming generally no more than two ciak  for each scene

have been shot.

Margherita Buy lives in Rome. I have seen her one evening at the Drama Academy where the student actors were playing a performance. She played “The delirium of a woman”. The character  had nothing in common with the character that she had to play according to our screenplay, but the day after, when she carne at the production officescreen tests have been evidently unnecessary. The part of Lea, fantasia on the theme of “Sleeping Beauty”, was less described than the others in the screenplay. The character took shape in the bashful and tender face of Margherita and her feverish body shuddered by a sort of harshness.

Katia Rupé is a German actress, she works in Munich and Paris, she plays the part of the singer, it is a brief part but not at all less important. She has contributed to many unexpected things in the realization of the film. Above all she had the beautiful idea to make the role of the singer frivolous.

Lights and music.

The realization of the film took a long time and this has given the opportunity to discuss often with the light engineer and the musician. The so-called atmosphere film is a film shot more on interiors than on locations and light represent the expressive matter. In this case the convention was respected. The result is that photography is performed without faints and flaws, the nights are quiet, objects rather than persons cast the shadows.

Black, blue and gold are the colours that prevail.

 

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NOTE CRITICHE

Senza parole è vero amore

Quasi tutti i debutti di questi ultimi anni, anche seri e intelligenti, hanno più o meno consciamente seguito una regola di equilibrio fra austerità e concessioni: restando film «d’ autore», personali e magari non facili, ma cercando anche un pizzico di giallo, o di sesso, o di americanismo, o di divismo… La seconda notte di Nino Bizzarri è quasi un’opera di debutto, il suo regista aveva realizzato finora solo film scientifici e documentari (fra cui il notevole «Tante storie fanno storia», Pesaro 1976), ma non segue questa regola da anni Ottanta.

Lo si direbbe piuttosto, a prima vista, una delle «opere prime Italnoleggio» dello scorso decennio, sommesse e fragili, tutte di testa e di buona volontà ma senza nemmeno un pensierino per lo spettatore. La differenza è che La seconda notte è un film bello e riuscito, cosa che raramente si poteva dire di quei suoi antecedenti.

La sua leggerezza non è quella delle cose vuote e i suoi silenzi sono sempre ricchi di gesti, attese, emozioni. Tutto si concentra in un personaggio, di cui gli altri sembrano solo la proiezione, o l’immaginazione, o la differenza. E’ un signore quasi anziano, elegante, probabilmente ricco (l’attore, che il cinema italiano non aveva mai utilizzato, e quello francese poco, è Maurice Garrel, il padre del regista Philippe Garrel). Passa abitualmente un periodo di cure in una località termale. Grand Hotel naturalmente, dove anni prima aveva conosciuto sua moglie ormai scomparsa da tempo.

Riti dell’ozio termale: la partita a carte, la chaise-longue, le due chiacchiere, la passeggiatata. Lui ne ha anche un altro, una giovane amica che abita nei dintorni, una ex amante che non disdegnava qualche suo assegno e che egli va ancora a trovare per affetto e abitudine. Ma quest’anno c’è qualcosa di nuovo, la sua solita stanza è occupata da due donne, madre e figlia. Potrebbe far la corte alla piacente signora ma è la ragazza che lo attrae. La osserva, la circonda di sguardi silenziosamente, senza mai presentarsi. Le scrive una lettera, forse per gioco, ma poi gliela fa trovare in sala da pranzo, sotto il tovagliolo. Le manda altre missive, sempre anonime, sempre di nascosto, sempre d’amore.

La ragazza prima ne è turbata poi sedotta: cerca di capire chi è il suo misterioso corteggiatore e intanto si fa bella per lui, e lo aspetta, incuriosita e conquistata.

Il film lavora sempre più ad acuire la sensibilità dei suoi personaggi, a renderli capaci di amarsi senza parlarsi e senza nemmeno conoscersi, cosi che nel finale l’incontro e la rivelazione possano essere solo cosa di un attimo, un capirsi improvviso, uno sfiorarsi di labbra.

Fatto di sensazioni, di rapporti a distanza, di segreti e di silenzi. La seconda notte soffre le parole, sia per colpa del doppiaggio che per la sua stessa natura, tale da rendere ogni dialogo troppo pesante e risonante. Meglio quando il suono è musica, un jazz notturno che può trascinare qualche passo dì danza, e meglio ancora quando il film è solo immagine: movimenti di macchina, sguardi, memorie, ambienti calati in una bellissima luce.

Alberto Farassino LA REPUBBLICA  8 ottobre 1987

                                                       

Raffinata, rigorosa, tutta giocata su corde intime, l’opera che Bizzarri ha voluto dedicare alla memoria di suo padre. Prospettata linearmente come un racconto in terza persona la storia riguarda una delle vacanze che un vedovo di mezza età, Alberto Fabris, trascorre ogni anno, a settembre, nello stesso lussuoso albergo di Montecatini dove molto tempo prima aveva incontrato e corteggiato Isabelle che sarebbe divenuta sua moglie ma che la morte presto gli sottrasse. In quel luogo quieto, che all’uomo solitario rievoca tanti dolci ricordi, capita un giorno, in compagnia della madre una giovane, Lea, che polarizza la sua attenzione nonostante mai prima avesse mostrato interesse per altre donne eccettuata sua moglie. Lungi dal tentare un approccio, Fabris si limita a corteggiarla a distanza mediante lettere anonime che le fa recapitare di nascosto. La ragazza è dapprima sorpresa e poi non indifferente al contenuto gentile e amorevole di quelle lettere di uno sconosciuto che è certo fra gli ospiti dell’albergo e la osserva da vicino. Ma come identificarlo? La soluzione a quella specie di gioco innocente, che per l’uomo costituisce la materializzazione di un ricordo, sarà data, all’epilogo, in una bellissima sequenza articolata persino con una sapiente dose di suspense. È la sera della partenza di Lea dalla località termale che scoccherà a sorpresa un bacio senza parole,

Il film di Bizzarri non sarà esente da riserve, più che altro per qualche intoppo di sceneggiatura; ma ciò che conta ed emerge è la personalità del regista che si esplica nel ricamo delle atmosfere, nella densità dei silenzi, nella eloquente fissità delle immagini che esulano comunque dal facete preziosismo, nella distesa e coerente scansione dei suoi ritmi. E non da poco è l’apporto di un interprete, il prestigioso attore francese di teatro Maurice Garrel, che modula con prodigiosa misura il carattere e gli stati d’animo del dominante e difficile personaggio. Ottima anche la scelta, per il ruolo femminile, della dotata esordiente Margherita Buy.

Leonardo Autera CORRIERE DELLA SERA 7 ottobre 1987

Alle terme, con l’inconscio

Più che d’atmosfera, cinema di luoghi (psicofisici. Ietterari, cinematografici). La seconda notte  di Nino Bizzarri, è dunque un percorso della memoria che sfugge alle coordinale del tempo reale per rifugiarsi in un solipsistico tempo psicologico, mentale. Cinema fenomenologico e in qualche modo filosofico. Una storia/non storia vissuta all’interno di una immaginazione desiderata. un amore/non amore fatto di attese, pause, vuoti, gesti, accenni appena registrabili. Film prosciugato di ansia e invece calibrato nella pluri-dimcnsionalità di lenti, impercettibili spostamenti dell’animo, La seconda notte non nasconde le sue primarie fonti d’ispirazione assecondate dal ricordo di L’anno scorso a Marienbad di cui recupera lambientazioni (l’albergo, le terme,ma qui siamo a Montecatini) e atmosfere. Ma sulle ossessioni cinematografiche (naturalmente anche Rossellini; i rimandi letterari sembrano avere il sopravvento: il cinema «scritto», rarefatto, psicologicamente raffreddalo nelle modalità espressive rammenta il languore tutto celebrare dei romanzi di Margherite Duras, probabilmente, i falsi movimenti di Peter Handke.

In questo senso il film di Bizzarri ha il pregio di un tragitto circolare (quindi onirico) che si apre e si chiude con la figura del protagonista, Fabris, seduto davanti ad una piscina che sembra uscita da un quadro di David Hockney. L’uomo come ogni anno trascorre un periodo di vacanza nello stesso luogo, nella stessa camera d’albergo dove anni addietro ha incontrato la sua futura moglie, poi persa precocemente. Ed è qui che, presagio di una coscienza mai sopita, gli appare la giovane Lea, a turbare quei giorni solitamente adibiti alla solitudine e alla meditazione. Una folgorazione che non è amore, ma ricerca di purezza, attrazione che ha la stessa impalpabile consistenza di un pensiero. Fabris osserva ma non interviene, discretamente intraprende un epistolario segreto, anonimo con la ragazza fino a quando un incontro-epilogo svelerà misteri che non esistono. Cinema di turbamenti cauti, di oggetti e di interni, di giochi della memoria e di sospensioni spazio-temporali, di respiri e di sguardi, La seconda none rovista nei dettagli e nelle deviazioni dell’inconscio nel tentativo di cogliere un’essenza o una verità possibili.

Fabio Bo IL MESSAGGERO, 3 ottobre 1987

Viaggio nella memoria alla ricerca di una vita perduta

La seconda notte, opera prima di Nino Bizzarri, è una storia di fantasmi della memoria. Un uomo anziano (Maurice Garrel) torna nel grande albergo d’una cittadina termale dove ogni anno a settembre trascorre le sue vacanze, dove in passato conobbe e amò la moglie adesso morta. Intravede sul treno e poi ritrova in albergo una ragazza (Margherita Buy) che gli ricorda la moglie, lo attrae. Lo induce a un gioco sottile di corteggiamento “a distanza”, lo prende poi in un’emozione senza esiti. Nel finale circolare, un uomo anziano arriva in un grande albergo d’una cittadina termale… Ma il privilegio della memoria consente di ritrovare una pienezza di vita che non è perduta anche se chi l’aveva suscitata non c’è più.

Maturo, elegante, attento alla recitazione degli attori, il film di produzione indipendente azzarda la sfida d’un ritmo «di lentezza rapida»: e la vince.

Lietta Tornabuoni LA STAMPA 4 settembre 1986

INCANTI DELLA SECONDA NOTTE

Reduci da Sorrento, dove abbiamo visto il «giovane cinema italiano» balbettare precoci malinconie e indistinte fughe, non possiamo non apprezzare questa opera prima elegante e densa, con cui positivamente esordisce Nino Bizzarri. Tutta giocata su un raffinato intimismo della memoria. La seconda notte\ si svolge in una trasognata cittadina termale (è Montecatini) dove ogni anno, a settembre, un vedovo di mezza età, Alberto, si reca a rimembrare Isabella, la donna conosciuta molti anni prima, poi sposata, ora morta. Nel luogo, dove gli ovattati silenzi favoriscono il ricordo, capita ora una ragazza, Lea; e Alberto identificandola con Isabella, prende a corteggiarla discretamente, a distanza, mandandole lettere e fiori, senza farsi riconoscere. Soltanto la sera della partenza, nell’ombra di un appuntamento misterioso, un bacio suggellerà la castità e l’intensità del ricordo. E’ un film fragile La seconda notte e non privo di ridondanze dialogiche e incongruenze narrative. Ma, pur nella sua fragilità, è un’opera di finissima tessitura psicologica, di misurato ma fervido lirismo e di affascinante tensione sentimentale. Bizzarri l’ha efficacemente orchestrata come una sonata da camera per due strumenti, volutamente immergendola in una atmosfera di silenzi incantati e di memori sussurri. Un raro esordio persuasivo.

Lino Micciché

debutti dei nuovi autori italiani

… Più classica e raffinata, invece, è la cena offertaci da Nino Bizzarri con La seconda none. L’opera dell’ex-assistente di Roberto Rossellini si contraddistingue per essere un film controcorrente, assai poco alla moda, di estremo rigore nella scelta delle immagini e nell’interpretazione (ottima la prova di Maurice Garrel nella parte di un solitario vedovo alla ricerca del suo passato e dei fantasmi della moglie). Sembra quello di Bizzarri quasi un debutto stile anni Sessanta, punteggiato da molta letterarietà, alcuni momenti di noia, ma anche da una sicura padronanza dei mezzi formali del cinema che assicura cosi al film un alto livello qualitativo.

Giovanni Spagnoletti, Rinascita, sabato 11 ottobre 1986

Le pellicole arrivate sullo schermo: pregi e caratteristiche

… La seconda notte è un’opera sentita e motivata: fra qualche immaturità tecnica, il regista intreccia un gioco di silenzi e di sguardi, snoda una storia di intensa atmosfera raccontata sul filo della «suspence», una vicenda di sentimenti, fatta di sensazioni; di trasalimenti, di emozioni. Bizzarri rivela una capacità insolita per i registi alle prime prove: l’umiltà, la disposizione a concentrarsi sulle persone per evidenziarne la sempre nuova complessa dimensione umana.

Achille Frezzato  L’ECO DI BERGAMO

…Meme souci de la forme – bien que le registre soit très différent – avec la Seconda natta de Nino Bizzarri : dans un grand hôtel d’une ville d’eaux, un homme s’éprend d’une jeune fille assise à une table voisine ; il lui écrit des lettres enflammées pour lui déclarer son amour. Tout va se jouer dans la tentative de la jeune femme d’identifier l’auteur des missives, un homme beaucoup plus âgé qu’elle et, dans une admirable séquence finale, elle répond a son admiration platonique. Faisant penser parfois au film de Peter Del Monte “Irene Irene”, La seconda notte dans sa perfectìon glaciale, loin de la mode des clips et autre esthétique de magazine, impose un jeune auteur exigeant. Dans le rôle de l’homme mûr amoureux d’une très jeune femme, Maurice Garrel offre son visage et sa démarche chargés des blessures de la vie.

Jean Gili POSITIF 309/1987

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Per la maggior parte, i film distruggono con accanimento, nella breve durata del loro sviluppo, il mistero (l’enigma, l’ambiguità, l’attesa) che di per sé si sprigiona dalle prime immagini.

La seconda notte di Nino Bizzarri, al contrario, lascia che quel mistero si approfondisca, si avvolga attorno al silenzioso protagonista, lettore distratto di Tolstoj nel treno all’inizio del film.

Egli costruisce un’azione minimale: giorno per giorno, brevi missive senza firma sono trasmesse da un lato all’altro della grande sala-ristorante dell’hotel Belle Epoque di una città termale.

E contemporaneamente all’autore di quelle missive, lo spettatore assiste alla nascita della curiosità, del turbamento, sul viso della giovane donna che legge.

Lettere, scrittura-lettura, scansione geometrica delle architetture neoclassiche, riti immobili delle giornate, malinconia che fascia l’attesa e curiosamente la intensifica.

Ombra abbozzata di un Liaison dangereuses della fine del ventesimo secolo, legami sospesi, distaccati, allo stato di ripetizione (di seconda notte), dove lo spessore letterario non tradisce ma rafforza l’enigma — il suspense essenziale di questo linguaggio d’immagini che si chiama cinema.

Jacqueline Risset,  FILMCRITICA 380 – 1987