con

REMI MARTIN (Raul)

VIKTOR LAZLO (Norma)

CHIARA CASELLI (Lidia)

JOAQUIM DE ALMEIDA (Luis)

con la partecipazione di

LAURA BETTI (cartomante)

e con

ESTRELA NOVAIS (madre di Lidia)

CANTO e CASTRO (uomo garage)

ARMANDO CORTEZ (contabile)

MARIO VIEGAS (usuraio)

ANTONIO ROSARIO (Eduardo)

 

una produzione

BOA CINEMATOGRAFICA

(Roma)

ARION PRODUCTIONS

(Paris)

INFORFILMES

(Lisboa)

 

soggetto e sceneggiatura

NINO BIZZARRI

FRANCESCO COSTA

con la collaborazione di

PINO CACUCCI

GLORIA CORICA

collaborazione ai dialoghi

JACQUES GARY

 

fotografia

JEAN-PAUL ROSA DA COSTA

JOSE’ ANTONIO LAUREIRO

 

montaggio

ENZO MENICONI

 

musiche originali

CARLO CRIVELLI

 

canzoni

WHEN YOU GOING TO SING FOR ME (Clifton Chenier)

A TOUT CHOISIR (J. Holmes)

 

scenografia

VIRGINIA LEITAO

 

costumi

LORENE CANCEL

FABIENNE GUILLOT

 

foto di scena

MARCO D’ELIA

 

ufficio stampa

MIMMO MORABITO

 

durata: 95’

 

anno: 1990

 

prodotto da

EMILIO BOLLES

PATRICK SANDRIN

RASSEGNA STAMPA
Quadrangolo amoroso verso la catarsi

Amori non necessari; amori fuggevoli, amori incantati, amori desiderati, carpiti e persi nell’estremo, magico lembo dell’Europa occidentale, in una Lisbona deserta e «iniziatica». I sentimenti violenti, il senso di smarrimento e il vagabondare dell’anima si addicono alla città che si offre, assopita e labirintica, alla distesa ignota dell’Atlantico, alle misteriose tracce di Pessoa, alle peregrinazioni passionali di quattro giovani che s’inseguono e/o inseguono se stessi. Raul (Remi Martin, vaga rassomiglianza con Mickey Rourke), un «sagittario» («segno di fuoco») senza fisse radici, vive precariamente e forse spiritualmente un’esistenza in bilico, a caccia di un’emozione che lo scuota. Lo scuote Norma (Viktor LazIo, cantante prima che attrice, nome d’arte ispirato a Casablanca), conturbante bellezza incontrata per caso e tenacemente desiderata come per sottomettersi ad un gioco pericoloso le cui regole sfuggono innanzitutto a lui stesso. Norma è legata da lungo tempo a Luis (Joaquim de Almeida), un uomo possessivo, geloso, aggressivo, inquieto, talvolta manesco. E poi c’e Lidia (Chiara Caselli, occhi neri che turbano), quarto lato di un quadrangolo che non osa ricomporsi verso nuove geometrie: lei, innamorata paziente, cerca e agogna l’attenzione di Raul. Ma Raul è ormai catturato da un incanto, da un tragico destino. Trascorre una notte d’amore (altrettanto casuale) con Norma e non si leva dalla testa l’idea di strapparla ai legami che egli ritiene consumati o inutili. Per lei inganna, ruba, si caccia nei guai con la giustizia (aiutato da Lidia che nulla chiede o impone), viene arrestato e, poi fugge con le manette ai polsi, manette di cui non riesce a liberarsi e che lo imprigionano .soprattutto nell’ovvia metafora di un legame difficile. La catarsi finale risolve un teorema irrisolto o irrisolvibile, conferma una tesi amorosa dimostrata per assurdo e i cui equilibri sono, forse, soltanto ipotetici.  Avemmo già modo di apprezzare il cinema «introflesso», interiore e mai saturo di Nino Bizzarri in occasione de La seconda notte, diretto nel 1986 che ebbe, tra gli altri, il merito di rivelare il talento di Margherita Buy. Ma Segno di fuoco ci pare un’opera più matura e sapiente, senz`altro immeritevole di un destino distributivo così precario e limitato. Il film percorre, senza scossoni e con cognizioni di causa, le strade del «polar» francese,  algido e calorico allo stesso tempo forse – meglio ancora — le ragnatele intricate, eppur lineari, di un «noir» europeo, carico di atmosfera, esistenzialismi e spostamenti impercettibili del cuore. L’irrisolto divenire, il clima sospeso, di cui è intrisala trama, talvolta rubano ritmo e consapevolezza alla struttura stessa del film ma l’essenza, l’acre profumo dell’impossibilità degli amori possibili lascia il segno in una scrittura precisa e ben controllata. Molto bravi gli attori.

Fabio Bo, IL MESSAGGERO. 8 dicembre, 1991

 

Quartetto europeo a Lisbona in una cornice notturna, enigmatica e d’effetto.

Nino Bizzarri, al suo esordio ad una mostra Veneziana con “La seconda notte”, si era fatto salutare con simpatia. Il suo cinema era apparso sospeso fra allusioni e trasparenze, alla ricerca di uno stile che si esprimeva soprattutto attraverso le psicologie: in una cornice quasi claustrofobica. Questa sua opera seconda, realizzata a quattro anni di distanza dalla prima, ne ribalta volontariamente i termini e il linguaggio: là c’era l’introspezione, qua c’è il dramma, manifestato e accentrato, con uno spunto che, ma solo come struttura narrativa, sembrerebbe ricordare Rohmer. Il tema centrale, infatti, è l’amore, ma il protagonista, Raul, ama Norma che ama Luis e non si accorge di Lidia che invece lo ama. Per amore di Norma, Raul, che è un bravo ragazzo, diventa ladro, finisce in manette, rischia di uccidere, poi si ritrova in prigione, ma, perduta la prima donna, gli resterà la seconda, di cui, avendoli finalmente capiti, ricambierà i sentimenti. I quartetti di Rohmer, appunto, ma nelle chiavi più concitate e più tese. La cornice — enigmatica e d’effetto — è una Lisbona che, un po’ ricorda quella di Tanner nella Città bianca, i personaggi vi si incontrano, si scontrano, si inseguono, si perdono e si ritrovano in climi che dovrebbero essere colmi di risentimenti e di passioni. A tratti lo sono; ma il testo, scritto da Bizzarri in collaborazione con Francesco Costa, non li aiuta molto ad esprimersi con il dovuto rigore, qua tenendoli troppo sotto tono, fino a smorzarli, là, al contrario, avviandoli verso eccessi che, soprattutto attorno ai gesti non sempre molto logici di Raul, provocano qualche stridore,con esasperazioni narrativamente più disordinate che non sofferte.

Le doti di regia di Bizzarri, comunque, anche se un po’ inceppate dalla storia, si ritrovano in quella ambientazione quasi sempre notturna di Lisbona che, un po’ rimanda agli straniamenti di Pessoa ad anche, qua e là, in quelle atmosfere meno increspate e più raccolte che riesce a suscitare in certe svolte quiete del racconto, quando, invece del dramma, si fanno avanti i caratteri con segni attenti e precisi.

Gian Luigi Rondi, IL TEMPO, 6 dicembre 1991

….Film che segnò l’esordio sullo schermo di Margherita Buy, attrice che, se avrà fortuna e oculatezza nella scelta delle parti, ha le carte in regola per diventare la “star” italiana degli anni 90,  La seconda notte è un racconto intimista d’atmosfera, contrassegnato da un ritmo che con efficace ossimoro Lietta Tornabuoni definì di “lentezza rapida” e da una sottile introspezione di sentimenti, stati d’animo, memoria. È uno di quei film che obbligano i recensori, almeno i più accorti e aperti, a fare un discorso sulla forma più che sul contenuto, sullo sguardo più che sulle cose da guardare, a un lavoro di analisi e sintesi, scomposizione e ricomposizione. (Non è un lavoro – obietterà qualcuno – che un critico dovrebbe fare sempre? È vero, ma certi film lo esigono più di altri.) Segno di fuoco è stato girato in francese a Lisbona, frutto di una triangolazione produttiva tra Italia  Francia e Portogallo. E anche qui, come in “La seconda notte”, contano anzitutto l’ambiente e l’atmosfera, ma si passa dal chiuso all’aperto, dal piccolo al grande: là era un grande albergo, un parco; qui c’è una città di incanti scoperti e segreti come Lisbona, carica di passato: Bizzarri la chiama “iniziatica” nel senso che il suo sguardo la rende tela di fondo e contenitore di un itinerario iniziatico, la storia di un uomo che per amore si perde e per ritrovarsi deve fare un percorso seminato di rischi e di ostacoli alla fine del quale si trova cambiato. Visto dall’esterno, lo schema di “Segno di fuoco” rimanda a una storia Ai Rohmer: A si innamora di B che, però, è fortemente legata a C, ma, spinto dalla passione (o dal desiderio della passione), sarebbe disposto a rischiare tutto per lei fin quando scopre che il vero amore è D che lo ama in segreto e gli era sempre stata vicina. È il raro caso di un film italiano d’amore, innervato da un struttura narrativa forte di azione: un Prevert-Carné di altri tempi rivistato e corretto dalla sensibilità moderna di un Tanner.

Morando Morandini
Laura Betti durante le riprese
Sul set con Viktor Lazlo
Uscita del film a Parigi